Le grandi scalate che hanno cambiato la storia della montagna by Stefano Ardito

Le grandi scalate che hanno cambiato la storia della montagna by Stefano Ardito

autore:Stefano Ardito [Ardito, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788854173682
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2014-11-04T23:00:00+00:00


1959

L’enigma del Cerro Torre

Qual è la montagna più bella del mondo? Sulle Alpi concorrono al titolo il Cervino, il Dru, le Tre Cime di Lavaredo e il Grand Capucin, in Himalaya e nel Karakorum l’Ama Dablam, il Nanga Parbat e le snelle Torri di Trango. Tra gli Stati Uniti e l’Alaska si alzano la Devil’s Tower e il Mount Robson, nelle Ande sono i merletti di ghiaccio dello Jirishanca e dell’Alpamayo.

Per gli alpinisti, però, la risposta è una sola. La montagna più difficile ed elegante del pianeta è il Cerro Torre, uno straordinario obelisco di granito alto 3128 metri, nella Patagonia argentina. Verso ovest e la distesa dello Hielo Continental, le sue rocce sono corazzate di ghiaccio, verso la pampa una parete verticale di mille metri è coronata dal fungo di ghiaccio della vetta. Dino Buzzati lo ha battezzato «una dolomite ricoperta da un vitreo smalto glaciale». Nei racconti degli alpinisti figura spesso come “L’Urlo di pietra”.

Il Torre è anche una montagna “italiana”. Il primo a fotografarlo e descriverlo, nel 1935, è padre Alberto Maria De Agostini, un salesiano piemontese innamorato della Patagonia e dell’alpinismo. Gli ultimi ad aprirvi una via nuova, nel novembre del 2004, sono Ermanno Salvaterra, Alessandro Beltrami e Giacomo Rossetti.

Quando nel 1990 il regista tedesco Werner Herzog dedica al Torre il suo film Grido di pietra, è l’attore italiano Vittorio Mezzogiorno, nella parte del protagonista, a farsi depositare da un elicottero sulla vetta. È tutta o in parte italiana anche la prima salita della montagna. Questa però è una storia complicata.

L’avventura degli italiani sul Cerro Torre inizia nel 1958, quando arrivano in Patagonia due gruppi di alpinisti. I trentini Cesare Maestri, Bruno e Catullo Detassis, Luciano Eccher e Marino Stenico sono stati invitati da Cesarino Fava e dal Circolo Trentino della capitale argentina, i lombardi Walter Bonatti e Carlo Mauri dall’imprenditore Folco Doro Altan.

I due gruppi si guardano in cagnesco, e scelgono di rivolgersi a due versanti diversi della montagna. Poi i trentini rinunciano ad affrontare il Torre, e Bonatti e Mauri scavalcano il Paso del Viento, attaccano la parete Ovest, salgono fino a una parete che sbarra la via per la cima. La rivalità tra Maestri e i lombardi segnerà gli anni a venire.

Nel 1959 Maestri torna sul Torre insieme al tirolese Toni Egger. I due affrontano la parete Est, si alzano per un ciclopico sistema di fessure, spariscono alla vista. Poi una valanga investe Egger, lo strappa dalla montagna, lo uccide. Maestri scende da solo ma l’ultima corda doppia si stacca e lo fa precipitare per cento metri. Cesarino Fava lo trova, sepolto dalla neve, solo quarantotto ore dopo.

Il racconto che Cesare Maestri fa al ritorno è dettagliato. Lui ed Egger hanno raggiunto una sella (il Colle della Conquista), poi hanno proseguito sulla parete Nord del Torre, in buona parte incrostata di ghiaccio. Nella salita hanno usato 190 chiodi, 70 dei quali a pressione, 20 chiodi da ghiaccio e 65 cunei di legno. Poi sono scesi nella bufera, e una valanga ha travolto l’austriaco sulla via del ritorno.



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